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venerdì 1 marzo 2019

ALLA CARA MEMORIA di ERSILIA BUCCIANTI

Morta la vigilia delle stabilite nozze

Non piange Lei che giovinetta ancora
   Cadde qual fior reciso in su lo stelo:
   Giovane quegli che è diletto al cielo
                           Convien che muora!

Noi la vedemmo lieta, inconsapevole
   Dell'avvenir che Le dovea mancare,
   Salir di giovinezza al par di Silvia
                           Il limitare.

I geniali studi ella divise
   Con noi, divise il cibo e la preghiera;
   A novellar piacevolmente a sera
                           Con noi si assise.

E ci stringemmo d'amistà col vincolo
   Come tre fior d'una medesima pianta.
   Ma il fior più bello non resiste al turbine
                           Che passa e schianta.

Sull'erba istessa noi movemmo il piede,
   Sotto gli alberi stessi abbiam scherzato.
   Tornan le foglie ai rami e l'erbe al prato.
                           Ella non riede!

Vide l'obietto del sospir dell'anima
   E il suo nome scolpì nel cor profondo.
   Ma sol due cose, o mia perduta Ersilia,
                           Son belle al mondo!

Amore e Morte! Prima che apparire
   Il culto faccia dell'idolo il nulla
   Illusa ancor, sul letto di fanciulla
                           Meglio è morire.

Meglio è morir colla speranza ingenua
   Piena ed intera che vien dall'ignoto;
   Sopra la terra coll'estremo palpito
                          Lasciare un voto.

Ma chi rimane trema e si spaura
   Cader veggendo i variopinti veli,
   Ed oltre quella che orrenda si celi
                           Varia sozzura.

Ma chi rimane invano si periglia
   Nel grande turbinio cercando i buoni;
   E discopre ogni dì nova commedia,
                           Novi istrioni.

Tutto che v'ha di Sacro a certa gente
   Vede mercare con fronte spavalda,
   E cangiar veste al sole che la scalda
                           Come il serpente.

E vede...oh! quanto male e quante lagrime
   Contristan noi, senza che più ti dica!
   Non di pietade, ma è degna d'invidia
                           La nostra amica.

Non pianger Lei che giovinetta ancora
   Cadde qual fior reciso in su lo stelo.
   Giovane quegli che è diletto al cielo
                           Convien che mora.



1877


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