Tu se' lo mio Maestro e lo mio Autore
(Dante)
Corse la fama del tuo canto in seno
agli ardui monti, ov'io traggo la vita,
come ne giunge per il ciel seren
la fragranza a' lontani fior rapita;
e sovra il tuo volume
il mio genio posò l'umili piume.
Degli avi nostri le gloriose gesta
su le dotte tue carte io riandai,
e teco assorta in rimembranza mesta
accanto alla gran Roma mi posai.
Quando poi sul turchino
vertice del mio patrio Appennino,
in una sera fulgida di stelle
vedea la luce subitana e viva
d'innumeri, fantastiche fiammelle
che la mattina annunziano festiva,
una lacrima tersi,
mentre i tuoi ridicea soavi versi.
Io molto piansi allor che ti seguìa
nel tuo pellegrinar per l'erma valle,
ove l'avanzo misero apparìa
di genti morte da le ausonie palle:
e teco anche mi assisi
presso le spoglie dei tuoi sette uccisi.
Ma invano la mia Musa poveretta
lode, qual merti, renderti vorria:
di man le cade l'arpa sua diletta
de' tuoi canti sublimi a l'armonia,
mentre, prostrata al suolo,
segue col guardo il tuo possente volo.
Pur non sdegnarmi: a tanto nobil merto
lascia che porga lieto omaggio anch'io;
agli incorrotti allori, ond'hai tu serto,
fa' che s'unisca il fiorellino mio:
semplice ed umil fiore
ma che primo ebbe vita nel mio core.
Da "Versi" 1972
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