Al par d'un fiore che s'aperse in riva
d'acqua limpida e viva
e all'ombra profumata
dell'arancio e del platano ospitale,
m'allegro d'essere nata
in questa dell'amor terra immortale.
O splenda in vetta all'alpi maestose
ovver dove tepente
in fra i cedri e le rose
l'aura sospira in riva a Mergellina,
di sua luce divina
qui ne sorride il sole eternamente.
Su pel balzo selvaggio,
ne l'industre città, nel ricco borgo,
e nel gramo villaggio,
della tua gloria scorgo,
o dolce Italia, e de la tua sventura,
grandi pietose, incancellabili orme.
Fra le cadenti mura
degli antichi manieri, ove i tiranni
in mille orrende forme
ti ribadir domestiche catene,
il sangue dei tuoi figli veggio ancora
vivido sì che non lo tolgono gli anni.
Quando l'april sen viene
e la commossa infiora
pel brivido d'amor gleba feconda,
sembra che fiore e fronda
s'intreccino in simboliche corone
sovra l'immane fossa
che de' caduti in varia tenzone
chiude le povere ossa!
Morir per te, per renderti più bella
ai figli ed ai nepoti
libera, onnipossente,
questi per anni molti
furo i costanti voti
di magnanima gente
che fidava al brillar de la tua stella.
Con accigliati volti
l'asta squassando, abbandonaro un giorno
del broccato i diversi magisteri,
e i forti popolani fiorentini
fè amor di patria doventar guerrieri.
Meglio la morte che soffrir lo scorno!
Gridavan essi: il popolo che piange
viva a novi destini.
Mugge Mazzocco e il tristo emblema infrange,
ei gridavan così! Degni tuoi figli
erano quei d'allora!
Ma non spuntò la desiata aurora
e vani furo i poderosi artigli.
La terra che nutrìa
il sommo peregrin del trino regno,
e l'Angel che scolpìa
e pingeva del par dive figure,
la terra ove l'ingegno
da viltà crebbe franco e da paure,
la terra d'alti affetti ispiratrice
fu la più bella sempre e più infelice.
Ferruccio, a te profonda
la patria carità ferveva in petto.
Forte campione d'una spenta razza,
parevi in volto fiero,
e pur sotto la valida corazza
ogni più santo affetto
insiem cresceva al tuo valor guerriero.
Di polve, di sudore,
di sangue asperso ei pugna;
di Gavinana i campi
sanno del suo valore;
del suo fido corsier la valid'ugna
manda sinistri lampi
ma cade il forte; sul glorioso ciglio.
scende velo funesto:
giorno fatale è questo
che sfronda di Firenze di sacro giglio.
Muori! Un vile gli grida,
ed ei risponde un'ironia sublime:
all'abietto omicida
l'ultimo sdegno esprime
da lui torcendo la pupilla altera
ch'è indegno di mirar morte d'eroi.
Prima la bacia, e poi
si copre il volto con la sua bandiera.
Così muore chi t'ama, e di tue pene
sente pietà infinita.
O Donna, che la fronte
posi abbattuta su le nevi alpine
e il piè distendi al mongibello ardente.
Anco fra le catene,
fra le rapine e l'onte
figli nudristi che ti dier la vita,
e mirasti talor fra nostra gente
gli esempi e le virtù latine.
Ed ora, se del glorioso
manto, Ferruccio sollevasse un lembo,
e se desto da lungo suo riposo,
te rivedesse, che di nembo in nembo
sei giunta, Italia, a salutar l'aurora
bramata invan sinora,
direbbe: "O sventurata,
con vili arti conquisa o data in dono,
poi, come morto in abbandono,
da varia frotta d'avvoltoi smembrata,
pure alfin ti vegg'io
risorta per valor non per fortuna
e torno lieto nel sepolcro mio
poiché fatta sei tu libera e Una!"
Sia lunge , Italia dalle miti piagge
e care al cielo, quella
che le elette città rese selvaggie
terribile procella!
Spezza la punta del pugnale ascoso,
che in man di genti abiette,
tremendo, misterioso,
di libertà nel nome, aspre vendette
compie nell'ombra delle tue contrade.
Questo non è desio
di pace né di gloria
che move a conculcar Cesare e Dio,
questa è vergogna della nostra etade
che inesorata narrerà la storia!
Sopra la strage mai,
Italia, il raggio del tuo sol non splenda,
ma sui campi ubertosi e i poggi gai
fecondator discenda.
Taccia la molle lira
ma forti, eletti carmi,
ricordino che Dante anco ne ispira,
antiche forme e pure
in abbaglianti marmi,
e sul telo e dipinte
palpitanti figure,
narrin che l'arti non son quivi estinte.
Meglio che ad ozio imbelle
le donne all'opre femminili intente,
anco a severi studi
sommettano la mente.
A lor non prema aver fama di belle,
ma plauso al senno e a nobili virtudi.
Sprezzino il molle onore
che porge alla beltà la turba pazza.
Di Dio, di te l'amore
serbino, Italia; e se pur d'uopo fia,
il mondo sappia che qui non morìa
di Clelia e di Virginia anco la razza.
E dirà lo straniero
te contemplando, bel giardino in fiore,
questa è la terra invero
della virtù del Genio e del valore!
DA VERSI 1877
Nessun commento:
Posta un commento