Poggiava la mano sull’acerbo grembo,
gioiosa e ridente, cambiava le vesti.
Il tempo fuggiva, fremeva curiosa
dal flebile battito, atteso respiro di vita.
Profumi di fiori, dolcezza di miele
nei giorni la gonna saliva le stelle.
Tracciava faccine a piccoli omini,
schizzi di cuccioli umani.
Raggiante e boriosa del dono materno,
stornella alle amiche un canto passato:
“Un magico incontro somiglia a una stella,
pulsante e veloce, irradia più bella,
il seme potente nutre il suo ventre.
Evviva la vita! Si schiude il bocciolo,
tempesta colori, trionfa maestoso
al pianto a dirotto.
Il turgido seno, sorgente divina,
disperde rivoli al bimbo che è nato.
Il dono prezioso che stringe al suo cuore
evoca antico legame d'amore”.
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