che m'inviava il proprio ritratto con vaghi
affettuosissimi versi
Te guardo, a Te favello,
Fanciulla, ne l'immago tua graziosa
Che mi rivela il caro volto e bello,
Speglio d'anima pura e generosa.
Talor mi sembra vero
Che mi guardin que' rai,
Ma, l'illusion svanita dal pensiero,
M'avveggo che sognai!
A' tuoi labbri ridenti
Chiedo i soavi accenti e i dolci carmi,
Ma pur non cangia tempre
L'immago, e immobil sempre
Me ne rimira, e né pur vuol parlarmi.
Allor ridico il tuo grazioso canto
E insiem guardo il ritratto,
Ed ecco, ed ecco, a un tratto
Par che per opra di celeste incanto
Tu mi contempli e mi dica:
Vieni, diletta mia novella Amica,
Moviamo insieme per la scabra via,
Che a nobil meta invia.-
Io ti rispondo: ah tu non sai, Fanciulla,
Quante s'incontran spine
Pria che la terra brulla
L'allòr produca che vorremmo al crine!
Non sai quanto dolore
Doni nostra fallace
Gloria, che quinci ne conturba il core,
Nè lo rende a la pace!
Sola una gloria è vera
Che non disperde de l'invidia il nembo;
Ma questa gloria, promessa a chi spera
Ed ama, posa dei Celesti in grembo.
A quella, a quella agogno;
Non ai deliri di bugiardo sogno.
Te contemplando, mia gentile Amica,
Cui risplende la fede
Ne l'anima pudica
Come reina in sua più nobil sede,
M'allegro e penso: Ancora
Le magnanime donne in su la terra
Iddio manda talora
De l'empietade a combatter la guerra.
A disperder l'errore
Con ispirati detti,
E per soave poesia d'amore
Tornare a vita gli obliati affetti!
Delle poche se' tu, Fanciulla mia
Che a tanto Iddio destine,
Che fra la gente ria
Crescono come gigli in fra le spine!
1874
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