Alto, rosso, impettito in mezzo al grano,
Di porpora ammantato come un re,
Io ti scorgo buon tratto di lontano
Perché li sguardi sai chiamare a te.
Per lusso di colori e per orgoglio
Sembri il signore della spiga umil;
Ma il villano ti svelle insieme al loglio,
E ti porta alla stalla od al fienil.
Eppur ti gonfi, cerchi d'apparire,
S'uno ti guarda non brami di più;
Il tuo saper consiste in far dormire...
Tienila cara: è una bella virtù!
Io ti vedrei, se tu fossi animato,
Muoverti, affaticarti, bisbigliar,
E i fiori del giardino e quei del prato
Ricoprir di tue foglie e soffocar.
Oh! l'abito fa il monaco; sovente,
Tanto può la vernice ed il color,
Il mondo si scappella riverente
Ad un bel cencio che copre un tristo cor.
Se il papavero-fior perde la foglia
Che gaio e baldanzoso oggi lo fa,
E se l'uomo-papavero si spoglia,
Di tanto bello, cosa resterà?
Un fil d'erba che il primo villanzone
Strappa dal suolo e non ricerca più;
Un grullo foderato di briccone
Che al servitore si fa dar del tu.
E quanti, che dal ciel non han sortito
Pregio veruno, ed hanno il volgo al piè,
Possono dire, mettendosi il vestito:
"Se qualcosa son io, lo debbo a te".
Senza data
Nessun commento:
Posta un commento