martedì 20 settembre 2022

MONIA MINNUCCI - SECONDA CLASSIFICATA


Monia Minnucci nasce a Sora il 5 maggio 1973 e, attualmente, vive e crea a Frosinone.

Ha pubblicato quattro libri di poesia, la bambola rotta, edito da Aletti Editore, chiedi all’inchiostro del buio, edito da Book Publishing (A G) e il suo ultimo libro di poesie, ombre armate, pubblicato con la casa editrice Edizioni Montag, l’opera è inserita nella collana Le Chimere, oltre al suo primo libro di narrativa: Il fiume di vetro. Presente in numerose antologie poetiche, si classifica prima in diversi concorsi letterari, fra i quali: due volte prima classificata, al Premio Nazionale Virella Apicella Granese, con la poesia “Il libro degli spersi”. Primo premio di poesia al concorso internazionale il canto delle muse, con la poesia “Forme di ragno”, 2° premio di poesia “Paola Albanese” con la poesia “Figlia” su Il mio giornale. Prima classificata con il racconto: “Il bastardo” nel concorso Letterario “I racconti dell’agenzia del perdono”, indetto dalla Casa editrice Livello4, Vince il primo premio al concorso nazionale "Caro Fabrizio, ti racconto un ricordo", con il racconto "Cara me...", nell'edizione seguente del medesimo concorso si classificherà al secondo posto con la poesia "E se domani...". Inoltre è presente in molte antologie, fra cui i quelle della la casa editrice Giulio Perrone Editore.


Oltre all’aspetto letterario, Monia Minnucci ha esposto i suoi dipinti presso la Galleria De Marchi e alla Fiera Di Arte Moderna e Contemporanea di Forlì, alla galleria ARTime di Udine e all’evento “NonantolinvitalArte”, oltre ad altre mostre collettive, ottenendo consensi e riconoscimenti dal mondo della critica e guadagnando la sua presenza su cataloghi e riviste specializzate del settore. Si è aggiudicata il premio Leonardo Da Vinci alla seconda biennale dell’arte di Cesenatico, il Premio De Marchi, terza classificata, e la targa Galleria Via Veneto arte.

E’ stata caporedattrice della rivista Soci@lmente della Fondazione Internazionale il Giardino delle Rose Blu per dieci anni.



La scorta


C’è una gabbia,

piccola,

mobile torace ferito di cielo

che schiude le ossa e si scusa.


Ascolto ancora la voce dei prati,

ceri devoti,

come un lampo di fiori recisi nell’attimo dell’urlo dei colori.


Ti ho conosciuta poco,

molto meno degli anni,

molto più di oggi e di domani,

la mano è tesa come una statua immortale che non vedrà mai dio,

solo la frusta del tempo e l'indomita natura,

con la carne pallida che assedia i marciapiedi,

che si sporca di noi e, mentre recita i secoli, le serve la scorta.




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